Incastrata tra l’Atlantico e le mura bianche e ocra della sua medina, Essaouira non è solo una bella cartolina: è un crocevia di storie, popoli e onde.
Emana un’atmosfera unica: un magico mix di autenticità marocchina, luce bluastra e spirito libero ereditato dal suo passato hippy.
Un porto storico con una medina vivace
Molto prima della fondazione di una vera e propria città, questo angolo del Marocco era già un importante porto commerciale, crocevia degli scambi tra Africa, Europa e Medio Oriente, fino all’apertura del Canale di Suez.
Fondata ufficialmente nel XVIII secolo dal sultano Mohammed ben Abdallah, Essaouira fu progettata da un ingegnere francese in un’epoca di grandi traffici marittimi, secondo i principi dell’urbanistica militare di Vauban. I bastioni ornati di cannoni, la Skala del Porto e la Skala della Città ricordano la storia difensiva della città contro i pirati e testimoniano l’influenza occidentale adattata al contesto marocchino.
Ciò conferisce a Essaouira una rara unicità che la distingue dalle altre città marocchine. All’interno, la medina riflette la vita locale in un ambiente vivace di souk, artigiani e vicoli animati: un’esperienza sensoriale di viaggio lento a sé stante.
Inizialmente portava il nome mitico di Mogador, dal berbero Amogdul (“il benedetto”), ma già prima era stata una colonia punica, poi romana e infine portoghese.
Essaouira non è mai stata unicamente marocchina
Amazighs (Berberi), portoghesi, ebrei sefarditi, francesi, commercianti africani, tutti sono passati di qui. Un mosaico di lingue e profumi, commerci e sapori, cuciti insieme dalla brezza salata degli alisei che la accarezzano tutto l’anno.
Nel XIX secolo, il suo porto era uno dei più importanti del Nord Africa. Vi transitavano oro, avorio, zucchero, tessuti, spezie dall’India e persino sogni di fortuna. Poi il tempo se ne dimenticò. Fino agli anni ’60 e ’70, quando Essaouira divenne un rifugio per artisti, poeti e musicisti. La leggenda narra che, per qualche mese, Jimi Hendrix abbia trovato qui ispirazione e silenzio.
Oggi Essaouira è tutte queste cose: un souk che profuma di tè alla menta e legno di thuya, strani gabbiani che sorvolano la Skala del porto, botteghe di artigiani, musica gnawa che risuona nei vicoli.
Una città vivace e lenta, cullata dal vento.
Luce soffusa, vento costante e tonalità blu
Essaouira è rinomata per la sua luce particolarmente morbida, esaltata dagli alisei che soffiano quasi tutto l’anno. Questo vento costante, lungi dall’essere un fastidio, contribuisce alla freschezza del clima: le temperature rimangono piacevoli durante tutto l’anno, rendendola una destinazione particolarmente popolare.
Il blu onnipresente – di porte, persiane e barche – si abbina al colore mutevole dell’oceano. Sulla vasta spiaggia si incontrano kitesurf trasportati dal vento e cavalli e cammelli che si muovono a passo di lumaca, mentre le dune, visibili all’orizzonte da alcune spiagge selvagge, sembrano evocare le porte del deserto.
Essaouira gode di un clima mite tutto l’anno, con variazioni di temperatura molto moderate. In media, le giornate invernali superano i 18-19°C, le notti restano al di sopra degli 8°C e le estati flirtano con i 28°C al massimo, senza eccessivo calore.
Consiglio pratico: Essaouira può essere visitata tutto l’anno, ma la primavera e l’autunno offrono un equilibrio ideale tra temperature miti, luce intensa e un’atmosfera tranquilla.
L’eredità hippy: libertà e apertura mentale
Essaouira negli anni ’60 e ’70, che storia!
Quando la ventosa medina incontra la controcultura…
Mentre il mondo occidentale vibra al ritmo di Woodstock, rivoluzioni e sogni psichedelici, Essaouira diventa un rifugio. Un rifugio per spiriti liberi, artisti erranti, musicisti in fuga e sognatori incalliti.
All’epoca, per molti Essaouira era ancora Mogador, una sonnolenta cittadina di pescatori, artigiani e commercianti. Ma le sue mura bianche, la luce dorata e il vento che spazza via il superfluo attiravano chi era alla ricerca di un altrove autentico.
Capelli lunghi, piedi nudi, valigie leggere
Arrivano dall’Europa e dagli Stati Uniti d’America in autobus, in autostop o a piedi. Cercano un luogo dove vivere in modo diverso, più lento, più profondo.
Si mescolano con la gente del posto, imparano qualche parola di darija (arabo marocchino) e si perdono nelle stradine della medina. Essaouira è diventata una tappa non scritta della rotta hippie che passava per Tangeri, Marrakech e l’India.
Jimi Hendrix arriva nel 69
Si racconta che Hendrix si innamorò del villaggio di Diabat, appena fuori città, tanto da passarci 10 mesi intensi. Si dice che si aggirasse tra le dune, suonasse la chitarra al tramonto e scrivesse canzoni che non abbiamo mai sentito. Forse è una leggenda, forse no. Ma il mito rimane! Del resto, un famoso caffè che porta il suo nome gli rende ancora oggi omaggio.
Essaouira in quegli anni era silenziosa e musicale al tempo stesso.
Il suono delle onde si mescola ai tamburi gnawa, al jazz improvvisato e ai dischi che girano su vecchi giradischi portati da lontano.
L’artigianato locale viene reinventato, i tappeti berberi si colorano di nuovi motivi, il legno di cedro assume forme ibride. I pittori riempiono i loro quaderni di schizzi, i poeti scrivono del vento e della salvezza.
Sapori iodati, piaceri semplici
La gastronomia locale incarna un’esperienza culinaria autentica, dove il mare e le tradizioni marocchine si fondono. Al mercato del pesce (Sqala del porto) si può scegliere il pescato del giorno – sardine, orate o scampi – che le piccole bancarelle grigliano sul posto, servito semplicemente con pane e una spruzzata di limone.
Più avanti nella medina, gli odori delle tagine di verdure, del couscous fragrante e dei dolci al miele si mescolano al profumo delle spezie e del coriandolo fresco.
Essaouira è anche rinomata per le ostriche di Oualidia, le insalate di mare e i piatti iodati dai sapori decisi. E quando siete alla ricerca di un drink rinfrescante, troverete una gamma originale di bevande: succo di avocado con latte, cocktail di frutta fresca o l’immancabile tè alla menta e verbena. La frequente assenza di alcolici apre la strada a creazioni sorprendenti, in cui frutta ed erbe sostituiscono vino e liquori.
Il cibo di strada aggiunge una dimensione conviviale, con spiedini grigliati su braci improvvisate, frittelle marocchine (msemen) condite con miele e frittelle ancora calde (sfenj) da gustare mentre si cammina.
Qui ogni pausa diventa un momento di condivisione, spesso accompagnato da un sorriso o da una chiacchierata spontanea con la gente del posto.
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